23 Gennaio 2019

Il British Medical Journal propone di superare l’idea che siano necessarie almeno due ore e mezza di allenamento la settimana, perché è un obiettivo che scoraggia molti

Con circa 24 milioni di italiani che non muovono un passo, il nostro Paese ha ottenuto il poco invidiabile privilegio di essere incluso fra i 20 più sedentari al mondo. Peccato che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la mancanza di esercizio fisico sia una delle cause principali di mortalità e sia associata a una maggior probabilità di malattie cardiovascolari, diabete, tumori.

Come convincere un «popolo sedentario»

Pare perciò fatta apposta per noi la recente proposta dell’Academy of Medical Royal Colleges inglese di coniare una nuova malattia, la sindrome della morte da sedentarietà: a prima vista può sembrare una boutade, ma anche la Federazione Medico Sportiva Italiana tempo fa aveva proposto di considerare la pigrizia una vera patologia. Lo scopo è convincerci che dovremmo fare attività fisica, ma tirar fuori di casa un popolo di poltroni non è facile, così rinfranca scoprire sulle pagine del British Medical Journal che c’è chi propone di accontentarsi di obiettivi più abbordabili rispetto ai 150 minuti di allenamento settimanali considerati il minimo sindacale dall’OMS e da molte linee guida internazionali. Due diversi studi osservano infatti che per molti l’idea di dover arrivare a due ore e mezzo di esercizio a settimana è scoraggiante: «Forse dovremmo focalizzarci di più su chi è del tutto inattivo per spronarlo a muoversi almeno un pò, sottolineando i benefici che apporta una pur piccola “dose” di esercizio fisico — sottolineano gli autori —. Alcune ricerche indicano che anche con un’ora di attività moderata o vigorosa a settimana si ha una minima riduzione della mortalità. Non proponiamo una marcia indietro dalla quantità di moto raccomandata, ma per chi non ci arriva possiamo tentare traguardi intermedi».

Durata e intensità degli allenamenti però sono importanti

L’obiettivo è che tutti prendano la “medicina” attività fisica.«Come un farmaco, però, se ne prendiamo troppo poco non fa effetto — puntualizza Gianfranco Beltrami, docente del corso di laurea in Scienze motorie dell’Università di Parma e membro del consiglio direttivo della Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) —. Camminare per dieci minuti di quando in quando non serve granché: certo è sempre meglio di niente, soprattutto in presenza di patologie, ma non crogioliamoci nell’idea che sudare sia inutile per ottenere benefici consistenti sulla salute e la forma fisica». Perché muoversi faccia davvero bene serve insomma impegnarsi davvero, senza “sconti” su durata e intensità degli allenamenti, a meno di avere problemi di salute che impongano di faticare poco. La conferma arriva da una ricerca australiana su oltre 200 mila persone seguite per oltre sei anni, appena pubblicata su JAMA Internal Medicine: un’attività fisica vigorosa “taglia” il rischio di mortalità assai di più di una soltanto moderata.

Il giusto equilibrio

Allora, qual è la dose giusta del farmaco-allenamento? «Non esiste una risposta valida per tutti, sempre: anche affidarsi alle formule per calcolare la frequenza cardiaca ideale in base all’età può essere fuorviante, perché conta la condizione fisica complessiva — osserva Beltrami —. Il primo passo di chi decide di fare movimento è valutare con una prova da sforzo la propria reale frequenza cardiaca massima e il consumo massimo di ossigeno: poi è possibile determinare durata, frequenza e intensità dell’allenamento, da scegliere in modo che sia completo. Non va bene, infatti, puntare solo su un’attività aerobica e ad esempio dedicarsi soltanto alla corsa: vanno sempre associati esercizi anaerobici di potenziamento e lo stretching, perché per essere davvero in salute contano anche forza muscolare, flessibilità, equilibrio. Capita spesso di vedere persone che praticano jogging con regolarità ma sono in condizioni fisiche scadenti perché hanno i muscoli “rattrappiti”, un torace poco espanso e la muscolatura respiratoria poco tonica. Inoltre, la “dose” di movimento cambia man mano che passano i mesi, perché con l’allenamento si fanno progressi e l’intensità degli sforzi può crescere».