Il livello di colesterolo LDL deve essere il più basso possibile, in particolare nei soggetti che hanno già avuto un infarto o un ictus o nei diabetici, che rischiano più degli altri un nuovo evento cardiovascolare.
Lo dicono le nuove linee guida sulle dislipidemie scritte a quattro mani dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) e dalla Società Europea dell’Aterosclerosi (EAS) e presentate al congresso della Società Europea di Cardiologia, uno tra i più importanti congressi di cardiologia al mondo.
Le nuove linee guida hanno sottolineato ancora una volta quanto sia importante per ciascuno di noi conoscere il proprio livello di rischio cardiovascolare.
Per far questo sono utilizzate le carte del rischio secondo il Systemic Coronary Risk Estimation (SCORE – http://www.escardio.org/static_file/Escardio/Subspecialty/EACPR/Documents/score-charts.pdf), che stimano il rischio a 10 anni di avere un infarto, un ictus o altre malattie cardiovascolari che possono determinare anche la morte improvvisa.
Perché è importante conoscere il proprio livello di rischio cardiovascolare? Tanto più è elevato, tanto più il trattamento deve essere intensivo nell’abbassare i livelli del colesterolo LDL e nel gestire gli altri fattori di rischio.
Nuovi livelli di colesterolo
Le nuove linee guida hanno confermato i livelli di colesterolo cattivo (LDL-C) da raggiungere in base al rischio cardiovascolare (CV) e hanno introdotto la raccomandazione di dimezzare il colesterolo LDL rispetto al livello basale *:
- Per i pazienti a rischio CV molto alto: LDL-C ˂ 70 mg/dL o una riduzione dei valori di LDL-C basali* di almeno 50% dell’ LDL-C se questi sono compresi tra 70 e 135 mg/dL.
- Per i pazienti a rischio CV alto: LDL-C ˂ 100 mg/dL o una riduzione dei valori di LDL-C basali* di almeno 50% se questi sono compresi tra 100 e 200 mg/dL.
- Per i pazienti a rischio CV moderato o basso: LDL-C ˂ 115 mg/dL
Cosa significa?
Per un paziente che ha già avuto un infarto, quindi a rischio cardiovascolare molto alto, il target di LDL-C raccomandato è inferiore a 70 mg/dL. Ma se il suo livello di colesterolo LDL basale è compreso tra 70 e 135 mg/dL è raccomandato ridurre il colesterolo LDL almeno il 50% per limitare il rischio di un secondo infarto.
Queste raccomandazioni sul colesterolo LDL trovano conferma in numerosi studi, che evidenziano come la gestione del colesterolo e in generale delle dislipidemie sia una parte essenziale della prevenzione cardiovascolare. Proprio il colesterolo cattivo, infatti, è il primo fattore di rischio, prima ancora di fumo, ipertensione e obesità per infarto e malattie coronariche, che rappresentano la prima causa di morte fra le malattie cardiovascolari.
Anticorpi monoclonali
Per ridurre i livelli di colesterolo LDL il primo step è una corretta alimentazione. Ma spesso questa non basta. Ecco che il medico decide di prescrivere un trattamento farmacologico (statine e a volte, in associazione, anche altri farmaci ipolipemizzanti).
Al congresso ESC è stata presentata una nuova classe di farmaci, gli anticorpi monoclonali anti PCSK9. Questi farmaci innovativi, in associazione alle statine e ad altri farmaci ipocolesterolemizzanti, riducono drasticamente i livelli di colesterolo cattivo fino al 60% nei pazienti in cui dieta e trattamento farmacologico tradizionale non siano sufficienti per raggiungere i target raccomandati dalle Linee Guida.
Questi farmaci innovativi sono indicati
- nei pazienti a rischio cardiovascolare alto e molto alto (gli infartuati, i pazienti con pregresso ictus, i diabetici, gli ipercolesterolemici familiari) con livelli elevate e persistenti di LDL-C nonostante dieta e trattamento farmacologico tradizionale
- e nei soggetti intolleranti alle statine, lontani dal target di colesterolo LDL raccomandato dalle Linee Guida in relazione al loro livello di rischio cardiovascolare.
Aderenza alla terapia
Il trattamento per ridurre i livelli di colesterolo troppo elevati risente anche della mancanza di regolarità nell’assunzione dei farmaci prescritti. La mancanza di aderenza alla terapia rappresenta un forte limite alla sua efficacia, come è stato dimostrato scientificamente in numerosi studi e riportato anche nelle Linee Guida.
La perdita di aderenza al trattamento è progressiva, più nei soggetti in prevenzione primaria che in quelli in prevenzione secondaria per malattie cardiovascolari, fino ad arrivare, entro 2 anni, al 77% dei pazienti che interrompe la terapie e non assume più la statina prescritta. Sono percentuali molto alte, tanto che nelle nuove Linee Guida sono stati inseriti alcuni suggerimenti per il medico al fine di aiutare il paziente a restare aderente alla terapia, ad esempio migliorando il ricordo di assumere i farmaci.
Conoscere il rischio cardiovascolare, misurare i livelli di colesterolo LDL, seguire la terapia più appropriata in modo continuativo è fondamentale per prevenire gli eventi e ridurre il rischio di infarto, di ictus e di altre malattie cardiovascolari.
Questo è importante anche per ridurre i costi sanitari e dei farmaci e aumentare la sostenibilità del sistema sanitario pubblico italiano (uno dei più efficienti al mondo), altro tema trattato nelle nuove linee guida.
*Per “LDL-C basali” si fa riferimento ai livelli di LDL-C in un soggetto che non assume alcun trattamento ipolipemizzante.