Lo studio del team guidato dal prof Clerici di Milano. Disattivazione in breve tempo. Speranze e applicazioni
1. Crollo del 99% con una piccola dose di UvC. I raggi ultravioletti possono avere un effetto sull’epidemia di Sars-CoV-2?
La risposta è sì, secondo un team italiano composto da medici e astrofisici che sta analizzando il tema: uno studio è pubblicato online in preprint , altri tre sono in preparazione. Gli autori fanno parte dell’Università degli Studi di Milano, Istituto nazionale di astrofisica e Istituto dei tumori. Hanno scoperto che in vari droplet (goccioline) contenenti Sars-CoV-2 la carica virale è stata inattivata in pochi secondi al 99,9% da una piccola quantità di raggi UvC.
2. La simulazione con quantità diverse di virus
Le radiazioni di tipo C non arrivano sulla Terra perché vengono bloccate dall’atmosfera. Per questo negli esperimenti il team italiano ha utilizzato anche raggi A e B (quelli da cui ci proteggiamo con le creme solari). I risultati sono stati simili a quelli ottenuti con gli UvC. In pratica i ricercatori hanno posizionato sotto le lampade campioni contaminati con virus prelevato a pazienti positivi, per simulare il materiale che può essere emesso parlando o con uno starnuto. Sono state testate tre diverse quantità di virus: bassa, alta (100 volte la prima), altissima.
3. La correlazione verificata in 260 Paesi
Gli autori dello studio si sono chiesti se possa esserci una correlazione tra irraggiamento solare e epidemia di Covid-19. Analizzando la quantità di radiazioni in 260 Paesi dal 15 gennaio a fine maggio, la corrispondenza con l’andamento di Sars-CoV-2 è risultata quasi perfetta: minore è la quantità di UvA e UvB, maggiore è il numero di soggetti infetti. Questo potrebbe spiegare perché in Italia, dove è estate, ci sono pochi casi e con minimi sintomi, mentre alcuni Paesi nell’emisfero Sud stanno affrontando il picco.
4. Lampade Uv per sanificare spazi interni
Sarebbe possibile utilizzare lampade a raggi Uv per disinfettare i luoghi chiusi? «Assolutamente sì, la quantità di raggi emanati dai dispositivi potrebbe sanificare molto bene gli ambienti, con quantità minime di ultravioletti e in tempi brevi. Una soluzione valida per cinema, negozi, uffici, scuole e tanto altro» sottolinea Mario Clerici, primo firmatario dello studio, professore ordinario di Immunologia all’Università degli Studi di Milano e direttore scientifico della Fondazione Don Gnocchi.
5. Attenzione all’utilizzo sulla pelle
Il ministero della Salute ha sottolineato che le lampade a raggi Uv «non vanno usate per disinfettare le mani o altre aree della pelle, perché possono causare irritazioni e danneggiare gli occhi». Oggi infatti sono impiegate solo per la sanificazione di ambienti e oggetti, per esempio in aeroporto. «Stiamo cercando di progettare lampade con lunghezze d’onda che eliminino qualunque potenziale tossicità per l’uomo – spiega Clerici -. Potrebbero risultare decisive con la riapertura delle scuole: lo scopo è disinfettare le aule in breve tempo, prima dell’ingresso degli studenti».
da Corriere Salute (Laura Cuppini)