Nuova epidemia da coronavirus: ne parla il dott. Domenico Santoro

Stiamo vivendo un evento infettivo caratterizzato da una grave pandemia causata da un nuovo Coronavirus, con ricadute severe sulla vita, sulla salute, sui rapporti umani e sull’economia.

I coronavirus causano infezioni e malattie negli animali e nell’uomo: sette di essi sono patologici e causano malattie caratterizzate dal raffreddore ad altre forme più severe, come le polmoniti. Tre di questi agenti etiologici determinano le malattie più gravi e hanno causato alcune epidemie con elevati tassi di letalità.

L’agente infettivo, identificato recentemente come causa dell’attuale pandemia, è stato nominato SARS-CoV-2, facente parte della famiglia dei Coronaviridae, scoperto alla fine del 2019 in Cina. La malattia è stata denominata COVID-19 (COronaVIrus Disease-2019) con inizio nella città di Wuhan nel territorio di Hubei, Cina. In passato erano già comparse due epidemie con malattie causate da altri Coronavirus: SARS (Sindrome respiratoria acuta) nel 2002 e MERS (Sindrome respiratoria mediorientale) nel 2012. La prima causò 8096 casi con più di 800 decessi, la seconda 2200 casi nel mondo, di cui 790 decessi: entrambe le infezioni con tasso di letalità elevato (9,6% e 31%), ma con un impatto comunitario enormemente inferiore all’infezione pandemica attuale da COVID-19.

Queste malattie, definite zoonosi, presentano, adattandosi con mutazioni, un salto di genere, spillover, in cui i patogeni originati dal mondo animale, vengono trasmessi all’uomo e successivamente acquisiscono capacità di trasmissione interumana: esse sono all’origine di diverse epidemie e pandemie con caratteristiche emergenti (es. Ebola, AIDS, etc.).

Gli elementi comuni tra queste tre infezioni da Coronavirus sono rappresentate da un’etiologia virale ad RNA, ma con una storia naturale differente; in particolare la SARS (Sindrome acuta respiratoria severa) del 2002, causata dal virus SARS-COV, è comparsa nella regione costiera di Guangdong in Cina, originò da un serbatoio animale: pipistrelli, che attraverso contatti o deiezioni trasmisero l’infezione a un altro animale: zibetto. Il dr. Carlo Urbani, italiano, riconobbe per primo tale infezione in un paziente ad Hanoi, Vietnam, e ne intuì la pericolosità, avvertendo le Autorità Sanitarie dell’OMS: il medico morì della stessa infezione contratta dal paziente curato; a lui si deve certamente una precoce allerta mondiale, raccolta dalle Autorità sanitarie di molti Paesi con azioni di prevenzione e di rete aeroportuale: evento fondamentale nell’interrompere la diffusione della patologia nelle fasi iniziali.

La MERS (Sindrome respiratoria medio-orientale) del 2012, comparsa nella penisola arabica (Giordania e Arabia Saudita), causata dal MERS –CoV agente virale, originato da pipistrelli ha raggiunto l’uomo attraverso i dromedari, e causò diversi casi nel mondo.

L’infezione COVID 19, comparsa in Cina nella città di Wuhan, regione di Hubei, ha anch’essa un’origine animale e un passaggio ad un altro animale intermedio non ancora confermati: probabilmente i pipistrelli come serbatoio, il pangolino come possibile anello intermedio più vicino all’uomo; infatti, la diffusione in particolari mercati di animali vivi della città cinese potrebbe aver favorito la trasmissione dell’infezione.

In Italia i primi due casi ricoverati furono due cinesi il 29.01.20, ma il primo riscontro autoctono fu il 18.02.20 a Codogno, ma secondo alcuni Autori l’infezione era già presente in Italia in maniera misconosciuta da alcune settimane.

Questa prima fase di diffusione di COVID-19, occorsa durante il periodo influenzale, simile nella sintomatologia iniziale, potrebbe aver contribuito a una trasmissione diffusa senza misure di identificazione e di contenimento prevedibili, che giustificassero un’allerta immediata di sanità pubblica.

Le prime due epidemie furono gravate da un’elevata letalità, ma da una diffusione inferiore rispetto all’attuale COVID-19, che presenta una trasmissione da contatto più efficiente, perché utilizza i recettori delle cellule umane delle alte e basse vie respiratorie e perché si diffonde come un agente opportunista, infettando soprattutto le persone più fragili e immunodepresse.

L’infezione chiamata COVID 19 è diffusa oggi in 197 Paesi del mondo con 414.467 casi il giorno 25.03.20. L’Italia è il secondo paese per il numero più alto dei casi: 74.386 con 7.503 deceduti, 9362 guariti; la Lombardia presenta la casistica nazionale più elevata.

In Italia viviamo un’emergenza già dichiarata come malattia pandemica: tale condizione epidemiologica determinerà ancora un picco elevato di infezioni, di malattie paucisintomatiche, ma anche di gravi polmoniti interstiziali complicate talvolta da ARDS (sindrome da distress respiratorio); la cronologia differente di inizio dei vari focolai in Italia e nel mondo purtroppo alimenterà focolai articolati col rischio di reinfezioni e di prolungamento di cluster epidemici.

Per questo motivo sarà molto importante la produzione di un vaccino in grado di immunizzare almeno la popolazione più fragile: l’iter richiederà tempo per la valutazione dell’efficacia, dell’immunità secondaria derivata e della sua durata, dell’assenza di eventi avversi o di effetti collaterali minori.

Le azioni attuali messe in campo verso questa epidemia, che stiamo vivendo o subendo come cittadini e sanitari, sono basate su due strategie: la prima indirizzata alla cura dei quadri di insufficienza respiratoria per gravi forme di polmonite interstiziale, spesso con necessità di terapia rianimatoria; le forme paucisintomatiche (80% dei casi) richiedono, invece, solo un trattamento di alcuni sintomi (febbre, tosse, etc.); la seconda azione è orientata al contenimento, alla prevenzione del contagio e all’individuazione di soggetti sintomatici positivi per SARS CoV2, perché serbatoio di nuove infezioni in particolare nei soggetti più a rischio.

L’infezione si trasmette tramite la saliva o tossendo o starnutendo con contatti diretti personali, e con le mani non lavate toccando bocca, naso o occhi, raramente con contaminazione fecale.

Per questo motivo appare più importante evitare il contatto con eventuali secrezioni infette, ponendosi  ad almeno un metro dalla potenziale fonte di emissione, lavandosi spesso le mani per 20”, evitando di portare le stesse agli occhi, al naso o alla bocca, porta d’ingresso del virus; isolare gli ammalati sino alla guarigione clinica e virale o i contatti a rischio per un periodo di due settimane (Incubazione 2-14 gg. Incubazione media 5 giorni). L’uso di mascherine DPI filtranti è consigliato per gli operatori a rischio (sanitari e forze dell’ordine). Per i cittadini è previsto il distanziamento sociale, ma può essere consigliabile l’uso di mascherina chirurgica, in particolare nei pazienti immunodepressi ed anziani e per coloro che per lavoro non possono rispettare la distanza prevista, il lavaggio frequente delle mani e indossare guanti monouso in ambienti esterni. Molto importante è l’isolamento domiciliare, oggi declinato dalle norme ministeriali e regionali.

Sono in corso di studio farmaci con meccanismo antivirale o con modulazione della risposta infiammatoria eccessiva derivata dall’infezione (“fuoco amico”), nessuno di questi farmaci è stato già registrato con un’efficacia accertata anti SARS-CoV-2, ma per alcuni favorevoli risultati in precedenti infezioni da coronavirus, sono testati con sperimentazioni attuali o per uso compassionevole.

Tra i farmaci: Clorochina e Idrossiclorochina (antimalarici con effetti antivirali e immunomodulatori),  Alfa-Interferone (antivirale e immunomodulatore), Remdesivir (Analogo nucleosidico, antivirale già usato per Ebola), Lopinavir/Ritonavir, Darunavir ritonavir e Darunavir/cobicistat (Antivirali, usati nella terapia per HIV/AIDS), Favipiravir (Antivirale), Tocilizumab (anticorpi monoclonali utilizzati nell’artrite reumatoide contro i recettori IL-6), Globuline iperimmuni da pazienti convalescenti.

Queste terapie sono in corso di sperimentazione e di validazione o per uso compassionevole all’estero e in Italia sotto il controllo AIFA.

È possibile utilizzare il tampone rino-faringeo o quello faringeo (Real Time PCR), utili per la diagnosi dei casi sintomatici, che rappresentano il serbatoio negli ospedali e sul territorio.

È dibattuta in questi giorni la possibilità di eseguire un tampone a tutti, compreso gli asintomatici o a una grande parte dei 60 milioni di italiani, strategia che non sarà percorribile per i costi, per i tempi lunghi di esecuzione e di lettura dei campioni: la probabilità dell’uso sarà, invece, probabilmente orientata all’allargamento dell’indicazione del tampone dai soggetti sintomatici a fasce di popolazione più a rischio anche se asintomatica (per es. operatori sanitari, ospiti delle RSA) e alla valutazione pratica dei kit sierologici per la ricerca anticorpale.

A integrazione di queste strategie appare necessario intensificare gli studi clinici e virali nell’interazione umana, in particolare per i recettori umani del virus, punto di attacco per l’inizio invasivo del virus, tale da orientare lo sviluppo di alcune scelte terapeutiche future, per il target etio-patogenetico polmonare rapido e gravissimo, per i fattori di rischio non ancora del tutto chiariti e per le comorbidità associate. Questi obiettivi scientifici da perseguire richiederanno impegno e tempo, in considerazione della recentissima comparsa di questa malattia emergente.

Un ulteriore elemento operativo auspicabile per l’uomo, è rappresentato dalla valutazione dell’impatto ambientale dell’uomo stesso sulla natura e sugli animali con un approccio interattivo, che molti scienziati chiamano “One health”, cioè di interconnessione tra salute, persone, animali ed ecosistema. Per esempio in Italia l‘utilizzo di antibiotici nei mangimi usati per favorire la crescita e le filiere animali, ha determinato un fattore non unico, alla selezione di germi multi-resistenti nelle carni animali, trasmesse poi all’uomo (polli, maiali); oppure dalla valutazione dei cambiamenti climatici, che favoriscono l’aumento e la diffusione dei vettori, che trasmettono malattie infettive.

La durata della pandemia da COVID-19 non è facilmente misurabile, credo che l’Italia sarà attraversata dal problema di salute pubblica per circa due o tre mesi. Per questi motivi sanitari e sociali non sarà possibile vincere la battaglia se non con lo sforzo e la responsabilità comportamentale di tutta la popolazione del nostro Paese.

L’auspicio ulteriore è quello di ottenere più collaborazione e coordinamento internazionale, già attuati nelle precedenti epidemie da Coronavirus con risultati favorevoli.

Esprimo la speranza di raggiungere presto la normalità nella nostra vita, di apprezzare oggi più di ieri la qualità e la libertà anche in ricordo degli amici e dei colleghi che hanno pagato con la propria vita l’impegno professionale per la comunità nella nostra provincia.

Dott. Domenico Santoro

Medico Chirurgo

Specialista in Malattie Infettive e in Igiene-Sanità Pubblica

Primario Emerito dell’ASST Lariana